Non amo i tutorial di pittura.
Non amo chi insegna a tutti la stessa cosa nello stesso modo.
Non amo gli allievi fatti con lo stampino che sembrano i cloni dell’insegnante.
Meglio un allievo con qualche difetto tecnico ma con l’anima che esce dal quadro.
Non è facile insegnare la pittura senza prevaricare, è un metodo faticoso che spesso non viene compreso.
Se lascio correre su un difetto non è perchè non lo vedo, ma perchè lo ritengo meno importante dell’espressione della persona da cui il difetto proviene.
Ci sono poche regole che secondo me sono fondamentali e valgono per tutti, la prima e fondamentale è imparare a vedere; le altre figuriamoci se le scrivo qui, ho appena affermato che non amo i tutorial di pittura.
Al di là delle poche regole che valgono per tutti poi l’insegnamento della pittura è un lavoro psicologico. Occorre tirare fuori il meglio da ognuno rispettandone i difetti che se addomesticati con garbo possono diventare pregi.
La fatica maggiore dell’insegnamento è portare l’allievo a migliorare senza essere invadente, senza violentare la sua natura, senza essere crudi nella critica. Criticare facendo capire l’errore ma senza infierire è molto arduo; questo è lo scoglio maggiore che rallenta il progresso dell’allievo ma che non lo mortifica nell’amor proprio.
Credo che la difficoltà più grande per un insegnante sensibile sia riuscire a trovare un equilibrio tra il rispetto verso l’anima dell’allievo ed il conseguimento di un risultato tecnico soddisfacente.
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