mercoledì 16 ottobre 2013

Le "impressioni" di Lidice

Proprio stamani stavo pensando che i dipinti, una volta dati in pasto al pubblico, cessano di avere un proprietario, appartengono a chi li guarda. 
Certo chi li acquista può vederli dal vero, li può toccare e goderne ogni volta che vuole, ma non ne è il padrone assoluto.
Ognuno può vedere in un quadro ciò che vuole o può, in base alla sua sensibilità, al suo vissuto, al suo modo di ragionare.
Ognuno può trarre da un dipinto sensazioni, impressioni, conclusioni anche lontane da ciò che l'artista ha provato o pensato, o che nell'artista stesso possono essere inconsce.
L'amico e scrittore Lidice, conosciuto tramite Twitter (vedete che anche i socialnetwork sono utili?) mi ha mandato queste sue "impressioni" dicendo molto pudicamente che non volevano essere una recensione. A me le sue parole hanno fatto molto piacere ed ho pensato che sarebbe stato bello condividere con altri ciò che lui ha visto nei miei dipinti.
Buona lettura.

Non c’è un quadro di Monica Spicciani che non faccia pensare, spesso siamo quasi aggrediti dalle figure rappresentate, per poi rendersi conto che abbiamo bisogno di rifletterci sopra. L’immediatezza con cui ci colpiscono alcune figure della serie No – Tabù la ritroviamo anche nei volti di donna, in ogni espressione e pennellata c’è forza e carattere che ci colpisce subito per poi  vagarci dentro.
Interpretare queste opere vuol dire applicarsi ad un sentimento che l’artista vuole trasmettere riuscendoci.
I colori invitano alla meditazione facendo scomparire le figure dal suo carattere più immediato per farci assumere un atteggiamento di ricerca. A me succede questo quando guardo le sue opere. Quasi sempre riesco a trovare una via di lettura, una interpretazione, che al di là delle vere ragioni che l’artista pone, mi fa comunque comunicare con il quadro e rende per questo la cosa piacevole da ogni punto di vista.
C’è una raffigurazione delle cose in cui ritroviamo molti indizi di consapevolezza, generosità e speranza e che andrebbero analizzati non con della semplicistica psicoanalisi da principianti, ma con il rapporto che hanno con la vera arte del nascosto, del rendere le cose solo intuibili.
Queste riflessioni mi sono sorte dalla visione di Brest n° 8 che ancora una volta travolge con discrezione le aspettative di un occhio non esperto, ma incline alla lettura dei sentimenti.
La prospettiva di quel seno maturo ci indica più strade che fanno riferimento ad una sensualità materna da cui è difficile staccarsi e non riconoscere. C’è un desiderio di accoglimento  che rimane tale, che non si risolve nel modo consentito e che riflette i suoi riverberi sulla sfera sessuale ormai matura e mai del tutto esaustiva. Come se tutto diventasse parziale e insufficiente di fronte al desiderio primario. Un desiderio che non “sceglie” rimanendo latente come il capezzolo in primo piano che ci impone l’ambivalenza della nutrizione e del sesso come fonte di ogni possibilità.
La bellezza di queste opere resta nella forza che riescono ad esprimere, un insieme di carattere e consapevolezza che attraverso l’esplicito ci rende partecipi delle cose nascoste e ben misurate.
Per tornare ai colori che fanno sembrare i dipinti come filtrati da una tecnicismo medico moderno, fanno venire alla mente una sorta di cura che l’artista vuole affrontare con l’impeto guerriero della verità, di chi non si arrende.
 Mi sento di dare solo un consiglio a chi avrà il piacere di guardare un quadro di Monica Spicciani, non pensiamo soltanto all’evidente oppure ad una artista che vuole proporsi agli altri in modo semplice o quasi neutrale, ma in quel quadro che avete di fronte cercate sempre qualcosa perché c’è. Dirompente al pari dell’evidenza.
A portata di mano di ognuno di noi, elargito in modo originale o classico nei contenuti, ma sempre con dentro un surplus di idea del sentimento che l’artista ci impone doverosamente di farlo venire fuori. 

Lidice  J
 

1 commento:

  1. L'arte, dici, e la sua interpretazione appartiene a tutti.
    E' l'esempio del pirandelliano "così è se vi pare". Relativismo culturale: ciò che provoca sensazioni di benessere in me per l'altro sono solo illusioni.

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