“L'origine du monde è un dipinto di Gustave Courbet del 1866. Esso rappresenta i genitali femminili con uno stile pittorico alquanto realista” (Wikipedia).
Alla fine del XIX secolo rappresentare con realismo l’invisibilità del sesso femminile rappresentava una potente spallata ai tabù consolidati.
La tradizione del nudo classico, in origine mirata a rappresentare il bello ideale, o l’atletismo come ideale estetico maschile, ulteriormente raffinato dall’intellettualizzazione neoclassica, capace con Ingres di attutire il tono erotico persino nel rappresentare un harem, ben poco conservava di qualsiasi riferimento all’eros che non fosse solo mito.
Eppure, a distanza di secoli e di ribaltoni morali più o meno consapevoli, rappresentare la virilità come un totem estetico può essere in effetti ancora un balzo in avanti. O forse un ritorno ai monoliti propiziatori di una fertilità vissuta come dono e simbolo di vitalità. Ma il colore e la forma, quando sono anche la semplice materializzazione di una funzione che la natura realizza con una essenzialità sbalorditiva, possono ancora parlare al nostro istinto come una lingua che mal sopporta la forzosa traduzione di morale, filosofia o precetti.
E’ di nuovo, nella pittura di Monica Spicciani, una finestra in cui colore e rappresentazione non necessitano di alibi.
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