mercoledì 20 gennaio 2016

Max Musa lega le sue parole ai miei quadri

From " Free Thoughts " by Max Musa
La pendola scandisce la mezzanotte. Mi guardo allo specchio... occhiaie profonde segnano il mio volto, e un trucco pesante racconta di una serata di villani bagordi.
Il suono si propaga per la stanza facendo vibrare i bicchieri nel pensile del mobile bar; dodici rintocchi che raccontano la storia infinita dell’uomo che vuole ad ogni costo misurare il tempo. 
Ho sempre creduto con fermezza che il tempo appartenga solo a chi non ne afferra il concetto distruttivo. Solo gli esseri umani sono destinati a vivere senza la libertà data dal conoscere il tempo. Per possedere il tempo bisogna farne parte e annullarsi in esso, come fanno le altre creature di questo pianeta. Prendere atto che il tempo esiste è una consapevolezza che spesso conduce all’autodistruzione. Io sono la Dea dei colori, ma avverto comunque lo stretto giogo dato dal tempo che passa. Mi sento trascinare in una corsa della quale non posso sostenere la cadenza. Stringo forte tra le mani la tavolozza dei colori e mi rimetto in rotta verso l’infinito. In questo momento anche il  Dio antropofago che tutto divora, e niente comprende... dovrà attendere. (tratto e riadattato da "Viaggi del mio Alter ego" di Max Musa)

From " Free Thoughts " by Max Musa 
La verità delle mani(Titolo)

Quando voglio stabilire il contatto con la fredda concretezza delle cose, gioco ad osservare le mie mani. 
Intreccio le dita come fossero rami che chiedono gli uni agli altri la forza che negli anni è andata scivolando via. 
Un modo infantile per trovare la forza...  la forza di non mentire a me stessa. Immagino la mia vita come una casa: un rustico basso, ad un solo piano, circondato e protetto da sabbie mobili e piante carnivore dormienti. 
Il tetto è a due falde, spioventi e diseguali, irte di spine adunche. L'intonaco è rosso vivo, disposto su due livelli leggermente sfalsati. 
All'interno una zona giorno composta da un mastodontica sala in pietra a vista, un atrio quadrato ornato da tre aperture a sesto acuto, due delle quali conducono rispettivamente alla sala dei pensieri e alla stanza dei ricordi. L’altra a destra, attraverso una ripida scaletta in legno di quattro gradini, immette alla sala delle tele, qui, su di uno stretto corridoio, sono appesi i miei quadri, le mie memorie policromatiche... la mia vita. 
Ogni cosa in questa casa è caos che si fa armonia, approssimazione  che si fa dettaglio, colore che racconta storie. Osservo di nuovo le mie mani... esse sono dapertutto. 
La mia identità alberga i miei palmi, si avvita sulle nocche e sgorga dai miei polpastrelli... io sono le mie mani. 
Chi non comprende queste parole, non comprende l'arte, che dalle mani trae vita...  e nelle mani muore. Non mento più a me stessa ormai... le mani sono la mia verità ora. 
Le osservo ancora; esse mi indicano sempre la via... quella che conduce alla mia anima.

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